Studio LegaleAvv.

Mattia Tamborini

Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipisicing elit, sed do eiusmod tempor incididunt ut labore et dolore magna aliqua. 
Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipisicing elit, sed do eiusmod tempor incididunt ut labore et dolore magna aliqua. 

La grave patologia psichiatrica della moglie è causa di addebito anche se il marito l’ha tollerata per diec

2023-06-10 11:34

Avv. Mattia Tamborini

Diritto della persona, del minore e delle relazioni familiari,

La grave patologia psichiatrica della moglie è causa di addebito anche se il marito l’ha tollerata per dieci anni

La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 10711 del 20 aprile 2023, ha censurato la sentenza di merito emessa dalla Corte d’Appello di Milano che, con sent

La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 10711 del 20 aprile 2023, ha censurato la sentenza di merito emessa dalla Corte d’Appello di Milano che, con sentenza n. 1197/2021, pubblicata il 15 aprile 2021, aveva escluso l’addebito della separazione alla moglie affetta da bipolarismo e violenta nei confronti del marito e dei figli, in quanto la patologia era insorta da tempo, era stata accettata dal marito e pertanto non collegata in modo diretto con la crisi coniugale.

 

Il fatto

 

Nel giudizio promosso da un cittadino danese nei confronti della moglie, cittadina azera, avente ad oggetto la richiesta di separazione giudiziale dei coniugi unitisi in matrimonio nel 2002 in Azerbaijan, (dalla cui unione erano nate due figlie) e stabilitisi in Italia dal 2010, la Corte d’Appello di Milano confermava la sentenza emessa nel 2019 dal Tribunale di Como, con la quale, a seguito di separazione del 2018, preso atto della pendenza concomitante del procedimento di divorzio, instaurato nel 2018, è stata respinta la domanda di addebito formulata dal marito, sulla base delle risultanze di una consulenza tecnica d’ufficio che aveva evidenziato una grave patologia della moglie, già insorta nel 2005, ritenendosi riconducibili alla patologia psichiatrica riscontrata le persistenti condotte disfunzionali dalla stessa poste in essere ed escludendosi che tale patologia, in quanto esistente dal 2005, potesse rappresentare la causa della frattura del matrimonio avvenuta nel 2014, nonché è stato fissato un assegno di mantenimento della moglie, a carico del marito, di € 1.000,00 mensili (in considerazione della disparità reddituale: lui, ingegnere petrolchimico con reddito annuo di $ 215.000,00; lei, senza una stabile attività lavorativa in ragione della grave patologia psichiatrica di cui era affetta).

 

Inoltre, entrambi i coniugi, alla data del deposito del ricorso per separazione, avevano iniziato nuove relazioni sentimentali e il marito aveva avuto un terzo figlio dalla relazione con la nuova compagna.

 

Il marito ha così proposto ricorso in Cassazione, affidandosi a ben dodici motivi, nei confronti della moglie, che non svolgeva difese.

 

In particolare, con i primi tre motivi – poi ritenuti assorbenti dalla Corte – il ricorrente lamenta come i giudici di merito non avrebbero valutato come gravi i comportamenti violenti e disturbanti della moglie che hanno causato l’intollerabilità della convivenza e la violazione dei doveri coniugali nonché il grave pregiudizio per l’educazione dei figli, derivante dai maltrattamenti perpetrati nei loro confronti dalla madre, tutti presupposti, di per sé sufficienti per una pronuncia di addebito.

 

Riferimenti normativi

 

Ma cosa si intende, nello specifico, per addebito della separazione?

 

Un coniuge chiede l’addebito della separazione all’altro ogni qualvolta lo ritenga responsabile della violazione dei doveri coniugali derivanti dal matrimonio (quella che, in passato, veniva definita come separazione per colpa).

 

Le norme in materia di addebito si trovano nel Codice Civile, in particolare:

 

- art. 151, comma 2: “il giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio”

 

- art. 156: “il giudice, pronunziando sulla separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri. 

L’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato”

 

- art. 548 c.c., il quale prevede che il coniuge a cui è stata addebitata la separazione perde i diritti successori, spettando al coniuge con addebito il solo diritto a percepire un assegno vitalizio a carico dell’eredità, qualora, al momento della successione, fosse destinatario degli alimenti da parte del coniuge deceduto.

 

La decisione della Corte

 

La Cassazione ha accolto il ricorso ritenendo fondate le censure sulla questione dell’addebito.

 

In tema di separazione personale dei coniugi, la Corte ha affermato che la dichiarazione di addebito implica la prova che l’irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile esclusivamente al comportamento di uno o entrambi i coniugi, consapevolmente e volontariamente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio, ossia che sussista un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati e il determinarsi dell’intollerabilità dell’ulteriore convivenza (ribadendo, in tal senso, le pronunce nn. 40795/2021, 14840/2006, n. 12383/2005).

 

Nel caso in specie, le gravi patologie della moglie, perduranti nel tempo e non reversibili, per le modalità manifestatesi nonché per le implicazioni di vita degli altri componenti del nucleo familiare, è un elemento di così grave alterazione dell’equilibrio coniugale, da determinare l’oggettiva impossibilità di prosecuzione della convivenza e la relativa pronuncia di addebito della separazione.

 

Inoltre, il ricorrente aveva evidenziato come le “scenate e gli atti di collera” posti in essere dalla moglie nei confronti del marito e delle figlie, lo avevano indotto a chiedere e a ottenere qualche mese prima della separazione un provvedimento ex art. 342 bis che conteneva l’ordine per la moglie di cessare immediatamente i comportamenti violenti descritto nel ricorso, nonché di allontanarsi immediatamente dall’abitazione familiare.

 

A nulla, infine, rileva – contrariamente a quanto affermato dalla Corte d’Appello – la tolleranza del marito, che avrebbe sopportato tale situazione per quasi dieci anni.

 

La Corte ha ripetutamente affermato che è irrilevante, ai fini dell’addebito della separazione, l’eventuale tolleranza di un coniuge rispetto alla violazione di tali doveri da parte dell’altro, vertendosi in materia in cui il diritto e doveri sono indisponibili, non essendo configurabile un’esimente oggettiva, che faccia venir meno l’illiceità del comportamento, né una rinuncia tacita all’adempimento dei doveri coniugali, aventi carattere indisponibile (ex multis, Cass. n. 25966/2022).

 © Avv. Mattia Tamborini- All Rights Reserved

Vicolo S. Chiara, 3 - 21100 Varese

C.F. TMBMTT80E29L682F - P.IVA 03051410128

Iscritto presso l'Ordine degli Avvocati di Varese