Studio LegaleAvv.

Mattia Tamborini

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Mantenimento: l’assegno non va al figlio se non lo decide il giudice

2021-04-21 11:43

Avv. Mattia Tamborini

Diritto della persona, del minore e delle relazioni familiari,

Mantenimento: l’assegno non va al figlio se non lo decide il giudice

La Suprema Corte di Cassazione, Terza Sezione Civile, con l’ordinanza 11 dicembre 2020 n. 9700, depositata il 13 aprile 2021, stabilisce come il padre

La Suprema Corte di Cassazione, Terza Sezione Civile, con l’ordinanza 11 dicembre 2020 n. 9700, depositata il 13 aprile 2021, stabilisce come il padre possa dare il mantenimento direttamente al figlio solo se interviene una sentenza di modifica della separazione che lo autorizza in tal senso.

 

La vicenda

 

A seguito di separazione giudiziale intervenuta nell’anno 2002, un marito fu condannato a versare a mani della moglie un contributo mensile pari ad € 300,00, oltre rivalutazione, per il mantenimento del figlio minore.

Nel 2011, a seguito dei mancati versamenti, la moglie notificò al marito un atto di precetto intimando il pagamento di tutti gli arretrati non corrisposti ammontanti a più di € 20.000,00.

Il marito, nell’opporsi all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., negava l’esistenza del debito asserendo come fino a dicembre 2006 il versamento del mantenimento fosse avvenuto nelle mani della moglie, mentre a partire da gennaio 2007 direttamente nelle mani del figlio.

Il giudice di prime cure diede ragione all’opponente, in quanto il marito aveva dimostrato la sussistenza di un accordo bilaterale intervenuto sia con il figlio che con la moglie la quale, tuttavia, propose appello avverso detta decisione.

La Corte territorialmente competente accolse il gravame e rigettò l’opposizione, sostenendo, in sostanza, come la possibilità per l’obbligato di versare l’assegno di mantenimento direttamente nelle mani del figlio sia subordinata ad un provvedimento giudiziale di mutamento delle condizioni di separazione promosso dal beneficiario stesso.

Il marito propose ricorso in Cassazione avverso la decisione della Corte.

 

Le motivazioni in diritto

 

1.     I motivi a sostegno del ricorrente

 

Il marito denunciava, in primis, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, ossia che la Corte di appello avesse trascurato di prendere in considerazione la dichiarazione rilasciata dalla moglie durante il giudizio di primo grado, ove la stessa confermava l’accordo bilaterale intervenuto anche con il figlio circa il versamento del mantenimento direttamente nelle mani di quest’ultimo.

In secondo luogo, parte ricorrente prospettava la violazione del combinato disposto degli artt. 155 quinquies e 337 septies c.c. in quanto sosteneva come l’obbligo del versamento del mantenimento, contenuto in una sentenza di separazione, possa essere modificato su semplice accordo tra le parti, senza bisogno di un provvedimento giurisdizionale., essendo il titolare del credito il figlio nel frattempo divenuto maggiorenne.

 

2.     La decisione della Suprema Corte

 

Gli Ermellini evidenziavano come la Corte d’appello avesse accolto l’opposizione della moglie per una ragione di diritto e non di fatto, ritenendo come la medesima non avesse necessità di accertare se vi fosse stato effettivamente un accordo derogativo contenuto nelle statuizioni contenute nel titolo esecutivo.

In sintesi, poco importa quale fossero state le dichiarazioni rilasciate nel giudizio di primo grado dalla moglie, se alla fine, viene a mancare una pronuncia atta a modificare le condizioni di separazione autorizzando così il versamento dell’assegno di mantenimento nelle mani del figlio.

Vieppiù, la determinazione dell’assegno di mantenimento dei figli da parte del genitore separato risponde ad un interesse superiore di questi, interesse non nella disponibilità delle parti: sicché, una volta stabilito nel provvedimento di separazione chi debba essere il debitore e chi il creditore dell’obbligazione, tale provvedimento non è suscettibile di modifica per effetto di successivi accordi privati tra le parti.

Infine, la Corte sottolinea come l’art. 337 septies c.p.c. – invocato dal ricorrente – stabilisca, senza dubbio alcuno, come solo il giudice possa stabilire che il pagamento del mantenimento avvenga direttamente nelle mani del figlio maggiorenne, invece che al genitore convivente, e come tale, di conseguenza, non è una facoltà dell’obbligato, ma esclusivamente il frutto di una decisione giudiziaria.

 

Conclusioni

 

La Corte di Cassazione, sulla base delle decisioni assunte, rigettava il ricorso proposto dal marito a ben vedere ribadendo, in buona parte, quanto anzitempo statuito dalla Prima Sezione Civile con l’ordinanza n. 18008/2018 ove senza una specifica domanda giudiziale promossa dal figlio beneficiario dell’assegno di mantenimento che modifichi le condizioni stabilite in sede di separazione o divorzio, il genitore obbligato non ha alcuna autonomia nella scelta del soggetto nei cui confronti adempiere, dovendosi attenere scrupolosamente a quanto deciso dal giudice, per l’appunto, in sede di separazione o divorzio.

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