Studio LegaleAvv.

Mattia Tamborini

Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipisicing elit, sed do eiusmod tempor incididunt ut labore et dolore magna aliqua. 
Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipisicing elit, sed do eiusmod tempor incididunt ut labore et dolore magna aliqua. 

LE SERVITÚ PREDIALI

2025-04-23 18:28

Avv. Mattia Tamborini

Diritto civile,

Le servitù prediali

Nozione

La servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario[1].

Le servitù prediali – dal latino praedium, ossia: “fondo” – sono inquadrate, nell’alveo della legislazione nazione, come diritti reali che presuppongono l’esistenza di:

·      Un fondo servente, ossia il fondo a cui viene imposta la servitù, pertanto gravato da un peso;

·      Un fondo dominante, ossia il fondo che trae vantaggio dall’imposizione della servitù.

Due fondi, pertanto e due proprietari diversi.

Le condizioni poste dalla normativa, affinché si possa parlare di servitù prediali, sono due:

·      I fondi, se non confinanti tra loro, siano almeno vicini, così da permettere l’esercizio della servitù; non costituiscono servitù prediali, le servitù di uso pubblico spettanti, ad esempio, ai cittadini che hanno la facoltà di passeggiare in un parco.

·      L’utilità – o il vantaggio – da parte del fondo dominante deve essere effettivo, anche se non perpetuo, ma solo provvisoria: l’utilità si riferisce al fondo – è oggettiva, non soggettiva – nella sua concreta destinazione e conformazione.

Si può aggiungere, nella definizione, che la servitù prediale è un diritto reale di godimento su fondo altrui appartenente a un soggetto diverso.

 

Costituzione

Le servitù prediali possono essere costituite coattivamente o volontariamente, ma anche per usucapione o per destinazione del padre di famiglia[2].

1) Le servitù coattive sono un numero limitato di servitù corrispondenti a quelle particolari circostanze in cui il legislatore ha ritenuto di dover imporre il peso su un fondo a favore di un altro fondo.

In caso di servitù coattiva, il proprietario di un fondo ha diritto, in forza di legge, di ottenere da parte del proprietario di un altro fondo la costituzione di una servitù[3]: in tal caso, la servitù viene costituita, anche in mancanza di un contratto, tramite sentenza o con un atto amministrativo da parte della pubblica amministrazione.

La sentenza – o l’atto amministrativo – stabilisce le modalità della servitù e determina l’indennità che il titolare del fondo dominante dovrà riconoscere in favore del titolare del fondo servente: il pagamento di tale indennità è indispensabile affinché il titolare della servitù possa esercitare il suo diritto, altrimenti il titolare del fondo dominante può opporsi[4].

Quali sono, in pratica, le servitù coattive?

Il Codice Civile identifica, quali servitù coattive:

·      La servitù di acquedotto e di scarico;

·      La servitù di appoggio o di infissione di chiusa;

·      La servitù di somministrazione di acqua a un edificio o a un fondo;

·      La servitù di passaggio;

In tale ultimo caso, il presupposto della creazione della servitù risiede nel fatto che il proprietario del fondo dominante si trova circondato da fondi altrui e non abbia uscita sulla via pubblica né possa procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio.

Il fondo dominante è intercluso: pertanto, il proprietario avrà il diritto di ottenere il passaggio su un fondo vicino per la coltivazione e il conveniente uso del proprio fondo.

Il passaggio sul fondo servente verrà stabilito in quella parte per cui l’accesso alla via pubblica è più breve e riesce di minore danno al fondo sul quale è consentito, con possibilità che esso venga stabilito anche mediante sottopassaggio, qualora ciò possa essere più vantaggioso per il fondo dominante e non pregiudizievole per il fondo servente.

Le medesime disposizioni si applicano nel caso in cui taluno, avendo un passaggio su fondo altrui, abbia bisogno di ampliarlo per il transito di veicoli anche a trazione meccanica[5].

Le disposizioni appena menzionate trovano applicazione anche se il proprietario del fondo dominante ha sì un accesso sulla via pubblica, ma questo è inadatto o insufficiente ai bisogni del fondo e non può essere ampliato.

Nello specifico, il passaggio potrà essere concesso dall’autorità giudiziaria solo quando la domanda risponde alle esigenze dell’agricoltura o dell’industria[6].

2) Le servitù volontarie, invece, sono quelle costituite per contratto o per testamento[7].

La servitù, inoltre, può essere concessa da uno dei comproprietari di un fondo indiviso purché gli altri l’abbiano anch’essi concessa unitamente o separatamente.

Nel caso in cui la concessione di cui sopra venga fatta dal comproprietario indipendentemente dagli altri, obbliga il comproprietario concedente e i suoi eredi o aventi causa a non porre impedimenti all’esercizio del diritto concesso[8].

3) e 4) La servitù prediale può essere acquisita anche per usucapione, ossia in virtù del possesso continuato per un certo periodo di tempo o per destinazione del padre di famiglia.

La condizione prevista dal legislatore per le suddette modalità di acquisizione è che la servitù non sia apparente: per non apparente, si intende una servitù in cui non si hanno opere visibili e permanenti destinate al loro esercizio[9].

La destinazione del padre di famiglia ha luogo quando consta, mediante qualunque genere di prova, che due fondi, attualmente divisi, siano stati posseduti dallo stesso proprietario e che questi ha posto o lasciato le cose nello stato dal quale risulta la servitù.

Nel caso in cui i due fondi hanno cessato di appartenere allo stesso proprietario, senza alcuna disposizione relativa alla servitù, questa si intende stabilita attivamente e passivamente a favore e sopra ciascuno dei fondi separati[10].

 

Disciplina

La legge detta delle norme volte a regolare l’esercizio della servitù e i contrapposti interessi dei proprietari dei due fondi.

In sintesi, si può affermare che:

·      La servitù va esercitata in modo conforme al titolo e al possesso e in caso di dubbio, va esercitata in modo da arrecare il minore aggravio al fondo servente;

·      Il proprietario del fondo dominante non può fare innovazioni che rendono più gravosa la condizione del fondo servente;

·      Il proprietario del fondo servente può trasferire l’esercizio della sua servitù in luogo diverso da quello nel quale essa era stata stabilita originariamente, ma solo se tale esercizio sia divenuto più gravoso o impedisca di fare lavori, riparazioni o miglioramenti;

·      Il proprietario del fondo dominante, nel fare le opere sul fondo servente, deve scegliere i modi e i tempi che arrechino minore incomodo al proprietario del fondo servente;

·      In caso di divisione del fondo dominante, la servitù è a vantaggio di tutti i nuovi fondi, nei limiti in cui non si renda più gravosa alla condizione del fondo servente.

 

Estinzione

La servitù si estingue nei seguenti modi:

·      Confusione: quando si riunisce in una sola persona il diritto di proprietà del fondo dominante e di quello servente;

·      Prescrizione: il diritto di servitù si prescrive per il mancato esercizio ventennale dal momento in cui, con sufficiente certezza, sia dimostrabile che è cessato l’esercizio o è successo un fatto che ha reso l’uso impossibile;

·      Sopravvenuta inutilizzabilità e inutilità: il diritto non si estingue anche se vi è l’impossibilità ad utilizzare la servitù o viene meno l’utilità della stessa, a meno che non siano trascorsi venti anni oppure a meno che il fondo non perisca totalmente (esempio: il fondo viene sommerso dalle acque in modo permanente).

·      Esercizio limitato: la servitù esercitata in modo atto a trarne una minore utilità qualitativa o quantitativa non è motivo di estinzione della servitù.

·      Estinzione enfiteutica: le servitù che sono state costituite a carico del fondo enfiteutico, si estinguono quando si estingue il diritto di enfiteusi.

·      Scadenza del termine: alle servitù volontarie potrebbe essere opposto un termine, iniziale o finale o una condizione, sospensiva o risolutiva; l’avverarsi della condizione risolutiva o la scadenza del termine finale, determinerebbero l’estinzione.

 

Le azioni a difesa della servitù

Il titolare della servitù ha la facoltà di farne riconoscere in giudizio l’esistenza contro chi ne contesta l’esercizio e ha facoltà, altresì, di far cessare gli eventuali impedimenti e turbative; inoltre, il titolare della servitù può chiedere anche la rimessione delle cose in pristino, oltre al risarcimento del danno[11].

Derivano, pertanto, le seguenti tipologie di azioni esperibili in giudizio:

1) l’azione negatoria, proponibile nei confronti del proprietario del fondo servente che ne contesti o ne impedisca l’esercizio.

2) l’azione possessoria, proponibile dal titolare del diritto di servitù a tutela del semplice possesso.

Le servitù, difatti, possono essere tutelate anche nel caso in cui vi sia stato, ad esempio, uno spoglio violento e clandestino: ossia, lo spossessamento realizzato con violenza (una casistica può essere data dal vicino che, all’improvviso, abbia collocato un cancello che ci impedisce di passare).

In questi casi, si può agire in giudizio con l’azione di reintegrazione, tesa a ripristinare l’azione di possesso come era all’inizio.

Nel caso in cui vi siano state poste molestie o delle turbative nel possesso della servitù, è possibile esperire anche azioni che tutelino proprio il semplice possesso, come l’azione di reintegrazione e manutenzione del possesso.

L’azione di manutenzione può essere proposta da chi sia stato molestato nel possesso di una servitù, entro l’anno dalla turbativa, chiedendo la manutenzione del possesso medesimo.

Tale tipologia di causa, tuttavia, presenta presupposti diversi rispetto a quella di reintegrazione.

Il possessore – e non anche il detentore – di un diritto reale su un immobile potrà agire in giudizio al fine di ottenere un provvedimento che ordini al molestatore di cessare subito l’attività denunciata.

Il presupposto per esercitare questo tipo di azione è che il possesso dovrà essere continuo, ininterrotto, pacifico e perdurare da almeno un anno.

Infine, l’azione di reintegrazione nel possesso presuppone che lo spoglio, ossia lo spossessamento, sia attuato con violenza o clandestinità.

Il termine violenza significa che lo spossessamento sia avvenuto contro la volontà del possessore, senza, per forza di cose, che lo stesso sia avvenuto con la violenza fisica o le minacce.

Quanto, invece, al requisito della clandestinità, basta che lo spoglio sia avvenuto all’insaputa del possessore e che questi ne sia venuto a conoscenza dopo, a condizione che l’inconsapevolezza non sia stata determinata da negligenza da parte dello spogliato.

Inoltre alla sottrazione o alla privazione del possesso, è necessario che lo spoglio crei una turbativa tale da rendere più disagevole il godimento della servitù di passaggio.

L’azione di reintegrazione, diversamente per quanto accade nell’azione di manutenzione, può essere proposta anche dal detentore, purché non si tratti di detenzione per motivi di servizio o di ospitalità, nell’interesse proprio.

L’azione di reintegrazione deve essere proposta entro un anno dallo spossessamento.

Si rammenta, infine, che nel caso di esercizio in giudizio di un’azione relativa a una controversia in materia di diritti reali – nei quali rientrano, per l’appunto, le servitù prediali – sarà obbligatorio, in via preliminare, esperire il procedimento di mediazione, pena l’improcedibilità della domanda giudiziale[12].

 

 

[1] Art. 1027 Codice Civile.

[2] Art. 1031 Codice Civile.

[3] Art. 1032, co. I, Codice Civile.

[4] Art. 1032, commi II e III, Codice Civile.

[5] Art. 1051 Codice Civile.

[6] La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 167/1999, ha dichiarato l’illegittimità del comma II dell’art. 1052 Codice Civile, nella parte in cui non prevede che il passaggio coattivo di cui al primo comma possa essere concesso dall’autorità giudiziaria quando questo riconosca che la domanda risponda alle esigenze di accessibilità, di cui alla legislazione relativa ai portatori di handicap, degli edifici destinati ad uso abitativo.

[7] Art. 1058 Codice Civile.

[8] Art. 1059 Codice Civile.

[9] Art. 1061 Codice Civile.

[10] Art. 1062 Codice Civile.

[11] Art. 1079 Codice Civile

[12] Art. 5 del D.Lgs. n. 28/2010.

 © Avv. Mattia Tamborini- All Rights Reserved

Vicolo S. Chiara, 3 - 21100 Varese

C.F. TMBMTT80E29L682F - P.IVA 03051410128

Iscritto presso l'Ordine degli Avvocati di Varese